La legge Gelli-Bianco e le nuove frontiere della responsabilità medico-sanitaria

La nuova legge entrata in vigore il 1° aprile contiene importanti novità sulla responsabilità di medici e infermieri.

Il 17 marzo 2017 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 8 marzo 2017, n. 24, recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”.

Tale normativa – che, di fatto, sostituisce la precedente e per molti aspetti controversa “Legge Balduzzi” – costituisce l’ennesimo tentativo da parte del legislatore di adeguare i vari profili di responsabilità civile e penale degli operatori del settore medico e sanitario. Certi che non mancheranno critiche da parte degli studiosi alle disposizioni ivi contenute, che già ad una prima lettura suscitano diversi dubbi e perplessità, in questo articolo l’analisi sarà limitata esclusivamente alla presentazione delle principali novità introdotte dalla legge e entrate in vigore a partire dal 1 aprile 2017.

Principali novità

Il primo elemento che colpisce è l’introduzione all’interno del Codice Penale dell’art. 590-sexies che prevede espressamente la responsabilità dell’operatore sanitario a seguito di morte o lesioni colpose del paziente.

Si tratta, in altre parole, di tutti quei casi in cui il medico (o altro operatore sanitario), in maniera del tutto involontaria cagiona una lesione o la morte del soggetto sottoposto al trattamento sanitario. Si pensi, ad esempio, a tutti quei casi in cui si verificano errori nel corso di un’operazione chirurgica che comportano il decesso del paziente.

Ebbene, in questi casi la riforma è esplicita nel sancire che il medico responsabile sarà soggetto alle pene previste rispettivamente per l’omicidio colposo (art. 589 c.p.) o per le lesioni personali colpose (art. 590 c.p.). Vi è però un’eccezione: la norma, infatti, stabilisce che laddove la morte o le lesioni siano state cagionate da imperizia da parte del medico, non vi sarà responsabilità se il medico stesso si è attenuto alle linee-guida e alle buone pratiche previste per quel tipo di intervento o operazione, sempre che le stesse siano adeguate al caso concreto.

La formula usata dal legislatore merita di essere approfondita per esser meglio compresa.

Innanzitutto, con il termine imperizia si fa riferimento a un errore tecnico dell’operatore sanitario, il quale ha agito al di fuori di quello che è il livello minimo di esperienza e cultura medica.

La norma parla, inoltre, di linee guida e buone pratiche; ma che cosa sono esattamente?

In parole povere, sono le tecniche riconosciute dalla comunità medica, una sorta di “istruzioni per l’uso” per ogni tipologia di intervento o operazione, codificate all’interno dei vari documenti scientifici.

In definitiva, il medico che seguirà le linee guida non risponderà penalmente a causa di errori tecnici da lui commessi. La responsabilità del sanitario sussisterà, tuttavia, e non sarà in alcun modo scusata, qualora la morte o le lesioni siano il prodotto di un atteggiamento imprudente o superficiale del medico nei confronti del paziente.

Uno dei maggiori problemi introdotti dalla “Legge Balduzzi” era proprio quello relativo all’individuazione delle linee guida e delle buone pratiche, poiché il precedente testo di legge le richiamava senza, tuttavia, definirle in alcun modo. Tale ostacolo è stato superato con la previsione di un apposito elenco tenuto ed aggiornato periodicamente dal Ministero della Salute e con la pubblicazione sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità delle predette linee guida. In questo modo il medico potrà conoscere quella che è la condotta lecita da tenere nel caso che lo occupa.

Cosa è cambiato in ambito civilistico?

Un’importante disposizione introdotta dalla Legge Gelli-Bianco è quella relativa all’obbligo per ciascuna struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata, di stipulare una polizza assicurativa che copra in caso di danni cagionati dai propri operatori ai pazienti ricoverati; a ciò si aggiunge l’obbligo per ciascun ente ospedaliero di pubblicare sul proprio sito Internet gli estremi dell’impresa assicuratrice con la quale hanno stipulato la polizza, al fine di consentire una celere identificazione da parte dei soggetti danneggiati. Tale obbligo rappresenta, se correttamente attuato, un’importante risorsa per il cittadino che sino ad oggi si è trovato a dover combattere con l’atteggiamento reticente delle ASL in ordine all’avvio delle pratiche assicurative risarcitorie.

Sempre in ambito di responsabilità civile, la riforma ha sancito in maniera esplicita come la struttura sanitaria dovrà rispondere a titolo di responsabilità contrattuale nei confronti del paziente, mentre il medico sarà chiamato a rispondere a titolo di responsabilità extracontrattuale.

Nonostante tali concetti possano apparire del tutto privi di significato, le suddette distinzioni rilevano soprattutto in termini di onere della prova: in altre parole, il soggetto danneggiato che agisce nei confronti della struttura sanitaria dovrà solamente dimostrare una violazione degli obblighi assunti da parte della struttura e il danno patito, mentre nel caso di azione civile promossa nei confronti del medico sarà onere di chi accusa provare ogni elemento del fatto ingiusto, inclusi il dolo o la colpa dell’operatore sanitario. È evidente come nel secondo caso la strada sarà molto più impervia; tale scelta avrà come probabile conseguenza quella di evitare ricorsi meramente pretestuosi contro i medici e gli operatori sanitari.

Occorre, infine, dare conto come la legge offra due distinte soluzioni volte a conciliare le parti prima della vera e propria causa civile. La prima è costituita dalla redazione di una consulenza tecnica finalizzata alla quantificazione del danno cagionato dal medico, in maniera tale che le parti possano accordarsi sul danno patito. Il secondo strumento, invece, è costituito dalla mediazione, mediante la quale le parti avranno modo di sedersi intorno ad un tavolo per cercare di risolvere la controversia prima di incardinare la causa.

A tal proposito, occorre segnalare come il danneggiato deve necessariamente scegliere l’uno o l’altro strumento di conciliazione laddove intenda in seguito procedere con la domanda di risarcimento.

Conclusivamente si può affermare come tale riforma abbia sicuramente il pregio di voler regolamentare alcune “zone grigie” lasciate dalla precedente “Legge Balduzzi”; non mancano, tuttavia, alcuni profili di criticità con riferimento, in particolare, all’individuazione e alla effettiva pubblicazione delle linee guida e delle buone pratiche, per le quali, verosimilmente, si dovrà attendere un intervento “di indirizzo” da parte della Corte di Cassazione.

Fonte: Gazzetta ufficiale