Era stata introdotta nel 2015 con la volontà di favorire l’uscita dal mercato del lavoro a molte donne. Prorogata anche per il prossimo triennio, ecco cos’è l’Opzione donna.
Il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, dopo la tavola rotonda con alcune rappresentanti del Movimento Opzione Donna, ha dichiarato di voler introdurre nella Legge di Bilancio 2019, in tema di pensioni, la proroga dell’Opzione donna. Volontà che è stata confermata dal Governo firmato Lega-M5S, che intende superare la legge Fornero, presentando il capitolo previdenziale ricco di contenuti e confermando la proroga della stessa Opzione donna anche per il triennio 2019-2021. Ma facciamo un passo indietro. Di cosa si tratta e chi può accedere?
L’Opzione donna è stata introdotta con la legge 243/2004, meglio conosciuta come Legge Maroni, che garantisce a molte donne di uscire dal mercato del lavoro qualche anno prima rispetto alla tradizionale pensione di vecchiaia. Si tratta di un regime agevolato nato in via sperimentale, che doveva concludersi il 31 dicembre 2015 ma che ha trovato spazio anche nelle precedenti leggi di Bilancio.
Chi può accedere quindi all’Opzione donna?
Per godere di questo regime pensionistico le donne devono avere almeno 35 anni di anzianità contributiva, 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 58 per quelle autonome. A loro la possibilità di ricevere un assegno pensionistico calcolato esclusivamente sul metodo contributivo, per cui le lavoratrici a cui spetterebbe il calcolo misto (contributivo e retributivo) devono rinunciare a questa seconda opzione per accedere alla pensione anticipata.
L’Opzione donna risponde al caldo tema delle pensioni cercando di alleggerire i requisiti per accedervi: oggi infatti per ottenere la famigerata pensione di vecchiaia occorre avere almeno 66 anni e 7 mesi di età e 20 anni di contributi versati. Oppure aver accumulato ben 42 anni e 10 mesi di contributi per accedere alla pensione anticipata indipendentemente dall’età anagrafica.
Per tantissimi italiani, e anche per molte donne, la pensione è diventata ormai una chimera. Per queste ragioni il Governo intende prorogare l’Opzione donna: resta però da chiarire se i 35 anni di anzianità contributiva devono essere stati accumulati entro il 2015 oppure fino al 31 dicembre 2019.
Opzione donna: ma davvero conviene?
L’Opzione donna è pensata dal Governo per le lavoratrici che non riescono ad accedere al sistema Quota 100, la nuova riforma che prevede l’accesso alla pensione quando la somma tra età contributiva e anagrafica sia appunto uguale a 100.
Da questo punto di vista, dunque, l’Opzione donna potrebbe essere una valida alternativa e favorire chi non riesce a raggiungere la soglia 100. Ad essere penalizzate, invece, potrebbero essere le lavoratrici che godono di stipendi più alti. Come già detto, accettando l’opzione, la donna rinuncia al calcolo dell’assegno pensionistico su base mista e secondo le stime dei tecnici la penalizzazione media sull’assegno di pensione sarebbe di circa -30% dell’importo totale. A differenza del sistema contributivo, infatti, quello retributivo prevede che il calcolo dell’importo dell’assegno di pensione avvenga sulla media degli stipendi ricevuti negli ultimi anni di lavoro.
Insomma, il sistema pensionistico lascia ancora tanti dubbi e perplessità.