E così anche in Italia sembra proprio che arriverà lo smart working, ossia il lavoro agile, un metodo di lavoro che dà una scossa di modernità al nostro paese.
Un disegno di legge predisposto dal prof. Maurizio Del Conte, elaborato per il governo, che vede articolarsi in nove punti. Andiamo nello specifico.
Di cosa si tratta?
Per prima cosa bisogna fare una netta distinzione tra telelavoro e smart working. Il primo, infatti, prevede una postazione fissa a casa, il secondo la possibilità di lavorare dovunque con un tablet, uno smartphone o un pc portatile connessi a Internet. Il luogo non è discriminante: un’aula internet, la propria stanza, uno spazio di coworking, che coinvolge la condivisione di un ambiente di lavoro e ovviamente l’ufficio. In Italia “agile” è proprio definita la prestazione effettuata da lavoratori dipendenti – e non da partite Iva – fuori dei locali aziendali.
Quali sono i benefici del lavoro agile?
Il lavoro agile può essere utilizzato anche a supporto della normale attività (ad esempio per uno o due giorni a settimana), mantenendo medesimi orari e retribuzioni. L’utilizzo dei vari dispositivi tecnologici atti a svolgere la mansione deve essere stabilito da un accordo scritto tra le parti, così come le fasce orarie di riposo e le metodologie di controllo da parte del datore di lavoro (che comunque devono rimanere nei limiti imposti dalla legge sulla privacy). Per quanto riguarda l’assicurazione per gli infortuni, essa deve coprire, al pari del lavoro tradizionale, sia il periodo di lavoro effettivo, che il tragitto per raggiungere il luogo in cui si esercita la mansione (nel caso del coworking).
L’aspetto senza dubbio più interessante è che, oltre ai vari ambiti (privacy, diritti, infortuni, retribuzione) il ddl prevede anche l’applicazione degli incentivi fiscali e contributivi che la legge di Stabilità introduce per la contrattazione di secondo livello, cioè quella aziendale. Non si tratterà, quindi, di un lavoro che passa in secondo piano, cioè di un lavoretto occasionale, ma un lavoro a tempo pieno e con tutte le applicazioni del caso.
Quali sono i lati negativi del lavoro agile?
Secondo l’ultimo rapporto dell’osservatorio dedicato della School of management del Politecnico di Milano, i numeri dicono che il lato negativo del lavoro agile sta proprio nelle Pmi (Piccole e medie imprese). Infatti, solo il 5% ha avviato un progetto strutturato di smart working, il 9% ha introdotto informalmente logiche di flessibilità e autonomia ma oltre una su due non sa di cosa si parli o non è interessata a mettere mano alla propria organizzazione. Questo mostra che nelle strutture di base del sistema produttivo italiano non si pensa affatto a prendere in considerazione questa opportunità. Ciò che contribuisce ad abbassare queste percentuali è senza dubbio una “cultura del lavoro” arcaica, che vede il rapporto presenza-ufficio l’unico modo per lavorare in modo produttivo e corretto.
Tuttavia, non è escluso che qualcosa potrebbe mutare a seconda del grado di convenienza anche per le aziende.