In Italia, a partire dagli anni ’90, il lavoro di cura fatto da colf e badanti ha avuto un rapido sviluppo. I dati censiti dall’Inps, registrano che dal 1995 al 2013 i lavoratori regolari sono quintuplicati. Ma c’è di più: dal 2010 lavorano in questo ambito donne straniere e anche italiane (che prima erano presenti in misura minima).
Per questa professione, una nota diffusa recentemente (decreto legislativo 22/2015) introduce la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi 2015). L’Inps, infatti, ha reso noto che per la categoria di badanti e colf, l’indennità di disoccupazione spetterebbe a coloro che hanno espletato il proprio servizio nei 12 mesi che precedono la cessazione del rapporto di lavoro. Questa categoria deve aver lavorato almeno per 5 settimane con almeno 120 ore complessive di lavoro effettuato e almeno 24 ore per ogni settimana lavorativa. Un dato molto forte che lascia fuori dall’indennità di disoccupazione circa 1/3 dei lavoratori delle categorie appena citate.
Questa particolarità prevista è dovuta al fatto che non è facile verificare in quali giornate e per quanto tempo si è svolta la stessa attività. Per questo motivo il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare telematicamente all’Inps la quantità di ore lavorate nella settimana e la retribuzione corrisposta in termini di ore.
Quali sono i diritti a cui possono accedere colf e badanti?
I lavoratori domestici, colf e badanti, cosi come tutti gli altri lavoratori dipendenti, hanno diversi diritti in comune, quali:
• diritto ad accedere ai benefici economici erogati dall’INPS, in stretta correlazione con i contributi versati dai datori di lavoro all’ INPS;
• diritto a richiedere le prestazioni assicurative quali: l’assegno per il nucleo familiare, l’indennità di disoccupazione, l’indennità di maternità, l’indennità anti tubercolosi e le cure termali;
• diritto, inoltre, ad accedere a tutte le prestazioni pensionistiche: assegno di invalidità, pensione di inabilità, pensione di anzianità, pensione di vecchiaia e pensione ai superstiti o di reversibilità.
Quali sono le condizioni per richiedere la Naspi?
La Naspi, dal 1° maggio 2015, può essere richiesta quando il lavoratore domestico si trova nello status di disoccupato, purché abbia reso la dichiarazione al Centro Per l’Impiego.
Primo passo da compiere, non appena si è in questa condizione, è recarsi al Centro per l’Impiego competente per sottoscrivere “la Dichiarazione di Immediata Disponibilità”, la cosiddetta DID, che attribuisce in automatico lo status.
Oltre alla dichiarazione al Centro per l’Impiego, è opportuno verificare quanti contributi risultano versati all’INPS. Ciò è possibile tramite il consulto ad un Patronato, oppure direttamente tramite un PIN che rilascia l’INPS, attraverso il quale è possibile accedere alla propria situazione contributiva tramite l’ “estratto conto contributivo”. Tutte le prestazioni dell’Inps, infatti, vengono erogate solo quando risultino versati i contributi per determinati periodi di tempo stabiliti dalla legge, anche se versati da diversi datori di lavoro.
Per il sussidio di disoccupazione devono sussistere le seguenti condizioni:
• almeno 13 settimane di contributi versati, derivanti dall’attività lavorativa, negli ultimi 4 anni;
• il richiedente deve, poi, aver prestato almeno trenta giorni di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
• presentare la richiesta entro sessantotto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. La domanda presentata oltre tale termine, farà perdere il diritto al sussidio di disoccupazione.
La domanda all’Inps può essere inoltrata con diverse modalità:
− tramite patronato;
− tramite il Contact Center Inps;
− via web, attraverso il sito www.inps.it se si è in possesso del PIN INPS.