Disdetta affitto: quando deve essere inviata?

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La questione, da sempre dibattuta, ha reso necessario un intervento chiarificatore della Corte di Cassazione che ha fatto un po’ di luce sul tema della rinnovazione tacita degli affitti.

Sicuramente a molti di voi sarà capitato di vedersi recapitare, dal proprietario dell’immobile in cui vivete, una lettera di disdetta dell’affitto. Non sempre, però, a tale comunicazione segue l’effettiva (e tempestiva) riconsegna dell’appartamento da parte dell’inquilino. Facciamo il punto della situazione, offrendo una breve panoramica delle norme che regolano la materia a cominciare dalla disdetta.

Disdetta affitto: cos’è e quando deve inviarsi?

Ogni contratto di affitto per uso abitativo ha una durata minima prevista dalla legge, pari a 3 o 4 anni a seconda del tipo di contratto concluso. Le parti non hanno alcuna facoltà di accorciare tale termine legale.

È importante mettere in evidenza che con il sopraggiungere della data di scadenza, il contratto di affitto non si scioglie automaticamente, ma si rinnova in maniera tacita per un periodo corrispondente alla scadenza iniziale. Naturalmente, affinché possa verificarsi il tacito rinnovo, è necessario che le parti non abbiano formalmente manifestato, entro il termine indicato dalla legge, l’intenzione di recedere dal contratto.

In altre parole, il contratto non si rinnova automaticamente soltanto se almeno 6 mesi prima della scadenza dell’affitto, uno dei contraenti abbia comunicato all’altra parte la volontà di sciogliere il rapporto contrattuale. Mancando invece la disdetta, l’affitto proseguirà per altri 3 o 4 anni.

L’inquilino può in qualsiasi istante disdire il contratto: ciò potrà avvenire invocando una apposita clausola di recesso inserita nel contratto, oppure in presenza di gravi motivi, con il solo obbligo di rispettare il preavviso semestrale al proprietario.

Ridotte al lumicino sono invece le possibilità di recesso anticipato del proprietario.

Cosa succede se l’inquilino non libera l’appartamento entro il termine previsto nella lettera di disdetta nell’affitto?

Si tratta di un’eventualità tutt’altro che remota. È chiaro che se la permanenza dell’inquilino nell’immobile oltre il termine indicato nella disdetta avviene senza il consenso del proprietario, quest’ultimo potrà agire per vie legali. Diversa situazione si ha invece quando l’inquilino si trattiene nella casa con la tolleranza del padrone di casa, che continua a percepire il canone d’affitto.

È una situazione anomala sebbene frequente nella prassi, quella appena descritta.

Il rapporto contrattuale infatti continua a proseguire normalmente, nonostante l’avvenuta disdetta, ed in effetti poco è cambiato in apparenza: l’inquilino continua a godere dell’immobile e il proprietario continua a percepire il canone. Ma in realtà le cose non stanno proprio così perché, anche se l’inquilino tende talvolta a dimenticarsene, il proprietario gli aveva pur sempre intimato di fare le valigie.

In una situazione di limbo come questa, è facile che l’inquilino si convinca che il proprietario abbia cambiato idea e non voglia più mandarlo via dall’abitazione. Problemi sorgono però se il proprietario dovesse rispolverare la diffida inviata magari mesi prima, ed esigere l’immediata restituzione del suo immobile.

Potrà farlo, oppure l’accondiscendenza mostrata sino a quel momento deve essere interpretata come espressione della volontà di vanificare la lettera di disdetta?

Sul punto si è recentemente espressa in maniera illuminante la Corte di Cassazione (Ordinanza n. 29313/2017), chiarendo che in nessun caso il rinnovo tacito di un contratto di affitto può desumersi dalla permanenza dell’inquilino nell’immobile oltre la scadenza del termine e dal pagamento dei relativi canoni.

In presenza di una lettera di diffida regolarmente inoltrata, quindi, soltanto un nuovo contratto concluso nelle forme previste dalla legge potrà riesumare l’affitto. Mancando un nuovo contratto, l’inquilino non potrà fare altro che liberare l’appartamento non essendo più legittimato a rimanervi ulteriormente.

Se siete inquilini e vi immedesimate nella situazione appena descritta, vi consigliamo di rivolgervi ad un professionista al fine di analizzare il pronunciamento della Corte di Cassazione ed indirizzare i vostri comportamenti nel senso voluto dalla legge, evitando inutili grane giudiziarie.