Ampliata la tipologia dei debiti cancellabili con la procedura prevista dalla Legge Fallimentare.
Anche ad un imprenditore fallito o ai soci illimitatamente responsabili di una società fallita (soci di società semplice e società in nome collettivo o soci accomandatari di società in accomandita semplice) è concessa la possibilità di iniziare una nuova attività economica grazie all’istituto della esdebitazione introdotto per la prima volta dalla Legge Fallimentare e, successivamente, esteso anche a soggetti non titolari di attività imprenditoriali purché si trovino in situazioni di sovra indebitamento dalla quale non riescono a venirne fuori.
Grazie all’esdebitazione l’imprenditore fallito che si trova in una situazione di grave indebitamento viene liberato definitivamente da tutti i suoi debiti, senza che i creditori possano più esigerne il pagamento al termine della procedura.
Requisiti soggettivi e oggettivi
Vediamo i requisiti soggettivi ed oggettivi che deve soddisfare un imprenditore per liberarsi dai propri debiti derivanti dal fallimento ed essere ammesso all’istituto dell’esdebitazione.
Requisiti soggettivi: l’imprenditore deve aver tenuto un comportamento corretto e trasparente durante tutta la procedura fallimentare. Ciò si evince dall’aver messo a disposizione informazioni e documentazioni necessari ad accertare lo stato passivo in modo veritiero e senza passività insussistenti, dall’aver consegnato tutta la corrispondenza relativa al fallimento, dal non aver ritardato una qualsiasi fase della procedura e, soprattutto, non aver ottenuto un’altra esdebitazione nei dieci anni precedenti.
Requisiti oggettivi: la procedura fallimentare deve essere stata dichiarata chiusa o per la ripartizione dell’attivo o per mancanza di domanda di ammissione allo stato passivo o per il totale pagamento dei creditori. Poiché i creditori possono contestare la richiesta di esdebitazione presentata dall’imprenditore, essi devono essere stati, anche parzialmente, soddisfatti.
Tra i debiti del fallito non ammessi alla procedura di esdebitazione rientravano, in un primo momento, anche quelli relativi all’imposta sul valore aggiunto (IVA). Dopo un lungo contenzioso iniziato da un giudizio tra l’Agenzia delle Entrate e la Commissione tributaria, poi passato alla Suprema Corte di Cassazione e, infine, conclusosi con una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea dello scorso 16 marzo 2017, è stato affermato che tra i debiti residui dell’imprenditore fallito rientrano anche quelli relativi all’IVA, poiché non ci sono contrasti tra la normativa nazionale e quella comunitaria. Tale importante decisione condanna l’Agenzia delle Entrate e libera il fallito anche dalle obbligazioni aventi per oggetto l’IVA estinguendole totalmente.
Fonte: Legge Fallimentare