Decreto dignità: stretta su contratti a termine e aziende che vanno all’estero

Facebook
Twitter
Google+
Pinterest
Linkedin

Le assunzioni a termine più costose e solo per determinate esigenze. Il Decreto dignità prevede anche sanzioni per le aziende che delocalizzano dopo aver ricevuto benefici pubblici.

Il Decreto dignità, da diverse settimane annunciato dal vicepremier Luigi Di Maio, è in dirittura d’arrivo e potrebbe essere varato già all’inizio della settimana prossima, dopo la verifica della copertura finanziaria delle misure previste e le ultime “rifiniture”.

Avrà la forma del decreto-legge, per cui entrerà in vigore da subito per 60 giorni, entro i quali il Parlamento dovrà convertirlo in legge, altrimenti cesserà di avere effetto.

Il decreto riguarderà soprattutto il mondo del lavoro, ma contiene diverse misure in materia fiscale e norme di contrasto al gioco d’azzardo.

Decreto dignità: nuovi limiti ai contratti a tempo determinato

Innanzitutto l’intenzione del Governo è di porre un limite al ricorso ai contratti a tempo determinato. Proprio qualche giorno fa l’ISTAT aveva diffuso i nuovi dati sull’occupazione, secondo i quali il tasso di disoccupazione è sceso al 10,7%, tornando ai livelli del 2012, ma ha anche evidenziato un record del numero di contratti a termine, che ha raggiunto il massimo storico dal 1992 ad oggi.

L’obiettivo annunciato dal Governo è quello di contrastare il precariato nel lavoro, partendo proprio dai contratti a tempo determinato. Secondo l’attuale testo del decreto (che potrebbe ancora subire delle modifiche) il limite dei 3 anni attualmente previsto dovrebbe restare invariato, ma ad ogni rinnovo sarà previsto un contributo aggiuntivo dello 0,5%. In questo modo si vuole rendere meno conveniente, più costoso, il rinnovo dei contratti a termine scaduti. Inoltre verrà ridotto da 5 a 4 il numero di proroghe e sarà possibile assumere con questo tipo di contratto solo in caso di esigenze temporanee, oggettive, connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, o relative a picchi di attività stagionali.

Decreto dignità: sanzioni per aziende che delocalizzano

Siamo abituati ad assistere da diversi anni ad aziende che chiudono i propri stabilimenti in Italia per spostare la produzione in altri Paesi, dove il costo del lavoro è più basso, lasciando senza lavoro decine, centinaia o anche migliaia di lavoratori. In gergo si parla di “delocalizzazioni”.

In molti casi queste aziende avevano anche beneficiato di finanziamenti pubblici o agevolazioni fiscali, per favorire la loro produttività o per garantire l’occupazione.

L’intenzione è quella di scoraggiare le delocalizzazioni imponendo, alle aziende che hanno ricevuto aiuti pubblici e decidono di spostare la produzione all’estero, la restituzione di quanto ricevuto maggiorato degli interessi fino al 5% e l’applicazione di sanzioni dell’ammontare che va da un minimo di 2 ad un massimo di 4 volte il valore del beneficio ricevuto.

Sempre a proposito di finanziamenti e agevolazioni a favore delle aziende, potrebbe essere prevista la revoca (totale o parziale) dei benefici ottenuti dalle imprese a seguito di “valutazione dell’impatto occupazionale” e che invece, nei 10 anni successivi al beneficio, hanno ridotto i livelli occupazionali dell’azienda o ramo d’azienda interessata dagli aiuti.

Gioco d’azzardo: con il Decreto dignità stop alla pubblicità

Nell’ambito del contrasto al gioco d’azzardo, il decreto prevede una stretta con il divieto di trasmettere spot pubblicitari o di promuovere queste attività con altre forme di comunicazione, anche visive, come l’esibizione di marchi, nomi e simboli.

Chi trasgredirà rischierà una sanzione pari al 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità, ma comunque non inferiore a 50 mila euro. Gli incassi delle sanzioni dovrebbero essere destinati al fondo per il contrasto del gioco d’azzardo patologico.

Obbligo fatturazione elettronica: possibile rinvio a gennaio

Il decreto contiene anche delle disposizioni in materia fiscale, tra cui il probabile rinvio dell’obbligo di fatturazione elettronica per l’acquisto di carburanti da parte delle aziende e degli altri titolari di partita IVA, almeno per la vendita al dettaglio.

In realtà l’obbligo è già in vigore dal 1° luglio, ma coloro che ancora non si sono ancora adeguati potrebbero avere altri 6 mesi di tempo per farlo, dal momento che l’obbligo slitterebbe al 1° gennaio 2019. Di conseguenza la scheda carburante sarebbe utilizzabile fino alla fine dell’anno.

Inoltre il redditometro potrebbe avere i giorni contati, perché è prevista la sua abolizione, salvo sorprese dell’ultima ora, mentre il termine di settembre per l’invio dei dati dello spesometro dovrebbe slittare al 31 dicembre.

Il testo del Decreto dignità sembra essere ormai definitivo, ma non si possono escludere delle modifiche in questi giorni, anche per esigenze di copertura finanziaria.

Leggi la bozza del Decreto.