Le olimpiadi e le paralimpiadi di Rio sono terminate da poco e ci hanno regalato non poche soddisfazioni, soprattutto dopo aver visto le prestazioni degli atleti paralimpici, che hanno dimostrato di non fermarsi davanti a nessun ostacolo.
O quasi nessuno ostacolo. Infatti, ci chiediamo mai com’è la vita quotidiana di una persona con disabilità motoria, quando ha bisogno di spostarsi per le strade, di viaggiare sui mezzi pubblici, di raggiungere un ufficio pubblico o i piani superiori di un edificio?
Tanti interventi sono stati fatti per abbattere le barriere architettoniche, ma il nostro Paese, da nord a sud, sembra avere molte lacune in questo campo e, in molti casi, poca sensibilità. In talune occasioni l’ostacolo viene creato laddove in precedenza mancava e a tal proposito va ricordata la pessima abitudine di molti automobilisti di parcheggiare nelle aree riservate ai portatori di handicap. Gli ostacoli, dunque, non sono solo materiali, ma anche culturali.
Indice
I doveri istituzionali nel rimuovere le barriere architettoniche
Le istituzioni hanno il dovere, non solo civico, ma anche giuridico di rimuovere le barriere architettoniche, di realizzare tutti gli interventi necessari affinché una persona diversamente abile possa godere degli stessi diritti e delle stesse possibilità di autorealizzarsi.
È la nostra Costituzione che ce lo dice, al secondo comma dell’articolo 3: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”; e all’articolo 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Gli interventi possibili per rimuovere le barriere architettoniche
Gli interventi possono essere materiali, su beni appartenenti alla pubblica amministrazione, come la realizzazione di rampe, montascale, ascensori; l’adeguamento di strade, marciapiedi e edifici; la rimozione di manufatti e ostacoli di altro genere; la previsione di posti e parcheggi riservati, ecc…
Possono anche consistere in servizi (trasporto, assistenza, ecc…). Il legislatore, inoltre, può imporre determinati obblighi ai privati che esercitano attività aperte al pubblico (negozi, hotel, uffici, ecc..) o può intervenire prevedendo incentivi e agevolazioni per interventi su edifici privati, soprattutto per aiutare le famiglie in cui uno o più componenti presentano una disabilità, o per aiutare portatori di handicap privi di assistenza familiare.
È questo il caso del bando proposto dalla Regione Abruzzo, scaduto il 17 ottobre scorso, a sostegno delle strutture che ospitano portatori di handicap grave privi di assistenza familiare. Il bando era rivolto ad associazioni, fondazioni e enti di assistenza presso i centri ospitanti persone con gravi disturbi motori e non solo, o impegnati in campo del sociale.
Per un fondo totale di 1,5 milioni di euro, sono stati finanziati interventi, ognuno fino ad un massimo di 400 mila euro, sia sugli immobili che sugli interni (attrezzature e arredi funzionali al servizio svolto).
L’esperienza di Anita Pallara che ha smosso le acque al Comune di Milano
Nonostante la positività di queste iniziative, il nostro Paese, come dicevamo, è ancora molto indietro su questi aspetti. È emblematica l’esperienza di Anita Pallara, accaduta nella principale metropoli italiana, Milano.
A chi non dovesse dire nulla questo nome, Anita Pallara è una ragazza di 27 anni malata di SMA, costretta a spostarsi su una carrozzina elettrica, ed è stata anche la persona che ha convinto Checco Zalone a girare uno spot pubblicitario per la raccolta fondi contro questa malattia.
Anita ha denunciato di non aver ricevuto assistenza in metropolitana, tra Duomo e Maciachini, per la svogliatezza di qualche impiegato ATM.
La ragazza quindi ha scritto una lettera di protesta contro Comune e ATM, il cui contenuto parziale è stato riportato qualche giorno fa da Repubblica.
“Milano – scrive Anita – ha un potenziale enorme, la sento accogliente, sento di potermi costruire qui una “normalità” che mi piace, per questo mi incazzo ancora di più quando, per colpa di qualche impiegato svogliato, le cose non funzionano come dovrebbero. Oggi i mezzi funzionavano tutti, gli esseri umani no”.
Parole forti che hanno provocato l’intervento del Sindaco Giuseppe Sala, che ha attaccato i responsabili delle omissioni e ha promesso che verrà predisposta formazione specifica per il personale e un piano di informazione per consentire ai cittadini di segnalare facilmente problemi e disservizi tramite telefono e social network.
Per quanto negativa possa essere stata questa esperienza, ha anche dimostrato però che se si intraprendono iniziative di cittadinanza attiva, comprese azioni di denuncia e segnalazioni, le cose possono cambiare.